Oggi ero al centro di un’enorme stanza.
Tutt’intorno a me c’erano centinaia di porte aperte.
Io al centro. Intorno a me porte aperte.
L’unica cosa che dovevo fare era scegliere la porta da attraversare. Giuro, erano centinaia di porte aperte. Io dovevo scegliere.
Ho riflettuto a lungo poi mi sono incamminato verso una porta continuando ad osservare tutte le altre; e più mi avvicinavo e più le altre aperture sembravano più belle, ma ormai avevo deciso e non potevo tornare indietro. Mancavano pochi passi (giuro che saranno stati due o tre passi) e improvvisamente la porta si è chiusa davanti a me provocando un boato tale da invadere tutta la stanza.
Mi sono sentita quasi sollevata perché le altre porte erano decisamente migliori di quella che avevo scelto.
Torno indietro e ne scelgo un’altra, ma questa volta faccio attenzione a scegliere la più bella.
La individuo e inizio a camminare con passo deciso verso la mia porta, ogni tanto sbircio le altre che sembrano molto più belle della mia.
Ma come ho fatto a non accorgermene prima?
Mi mancano pochi centimetri e la porta un’altra volta si chiude con violenza.
Provo a tornare al centro e lungo il tragitto alcune porte si chiudono da sole provocando forti rimbombo nella stanza.
Mi devo sbrigare a scegliere una porta, altrimenti si chiuderanno tutte.
Questa volta cerco di camminare più veloce, ma di nuovo non riesco a entrare. Continua a tentare. Una. Due. Tre volte. E più corro e più le porte in fretta si chiudono.
Ora il rumore è assordante e l’angoscia mi pervade.
Non voglio rimanere chiusa qui dentro.
Continuo a correre da una parte all’altra della stanza provando inutilmente ad aprire porte già chiuse.
I boati sono sempre più forti e sempre più vicini. Il mio corpo inizia a sudare; il pavimento diventa appiccicoso, come se qualcuno ci avesse spiaccicato un’enormità big-bubble sopra. Più provo a correre veloce, più rimango appiccicata al pavimento.
Mi accascio stremata, sconfitta dal destino.
Non posso più essere tutto ciò che voglio.